Parlare di una cosa come “Cowboy Bebop” non è facile, per la sua importanza e per la grandissima influenza che ha avuto per le generazioni successive di appassionati di animazione giapponese e per le produzioni a seguire. E’ estremamente interessante come tutto questo sia partito da una serie nata per motivi commerciali (la “Bandai” produsse l’anime perché voleva solamente una serie che le facesse vendere giocattoli di navicelle spaziali) e da un regista alla seconda prova in cabina di regia.

Ma a rendere tutto il capolavoro che adesso noi conosciamo è stata innanzitutto la smisurata ambizione posseduta da Watanabe, che fin dall’inizio rese ben chiara l’idea di anime che desiderava creare, una serie che fosse ricordata per i decenni successivi. E c’e riuscito perfettamente grazie alla sua grande abilità registica e le grandissime influenze che il cinema occidentale ha avuto su di lui, che hanno contribuito a rendere “Cowboy Bebop” un prodotto ben superiore alla media del periodo.

Molto spesso si è detto che fra le principali fonti di ispirazione del regista nella composizione della serie ci siano stati i film di Sergio Leone, John Woo e i noir, ma a questi nomi mi sento di aggiungercene un altro, quello di Michael Mann.

Probabilmente mi starò sbagliando e la somiglianza è tutt’altro che voluta, ma guardando gli episodi che compongono questa serie mi è capitato più volte di pensare al regista americano, non tanto per lo stile, ma per lo spirito. Entrambi infatti sono perfettamente consci che quelli che hanno sulla scena non sono solo personaggi che devono andare da un punto A ad un punto B per far proseguire la trama in una determinata direzione, ma sono prima di tutto esseri umani, con tutto ciò che questo comporta. I personaggi di “Cowboy Bebop” hanno sogni e paure e perseverano nel commettere sempre negli stessi stupidi errori, proprio come noi. E il fatto che la serie abbia un’atmosfera costantemente umana e reale è dimostrata anche dal ambientazione. Benché si svolga nello spazio,  nel futuro e in parte nei pianeti del sistema solare, tutta l’ambientazione è sempre a misura d’uomo, non sono presenti alieni (e non posso non dire che la cosa mi dispiaccia un po’, ma alla fine sarebbero stati fuori posto) e se non fosse per le navicelle spaziali potremo scambiare le scene ambientate su Venere o Marte per parti che si svolgono in una qualsiasi megalopoli odierna.

Ma a questo punto, qualcuno di voi si chiederà, giustamente, perché fare un anime di fantascienza allora? Non sarebbe stato meglio ambientare tutto sulla Terra e nell’epoca contemporanea?

Ed io a questa domanda rispondo semplicemente che l’ambientazione fantascientifica è utile allo sviluppo del tema principale della serie, l’incapacità di vivere la nostra vita liberi da qualsiasi condizionamento, soprattutto se questo condizionamento viene dal nostro passato ( anche quando un passato, tecnicamente, non ce l’hai, come insegna la storia di Faye) e anche se si vive nello spazio senza limiti, non ci si può liberare da tale verità.

Ma non si può parlare di “Cowboy Bebop” senza citare uno dei motivi che l’hanno reso famoso: la colonna sonora composta da Yoko Kanno. Che non è semplicemente memorabile perché non centra nulla con l’ambientazione fantascientifica, ma perché possiede la particolarità che possiedono le migliori colonne sonore esistenti. Le musiche di “Cowboy Bebop” non sono semplicemente utili ad accompagnare l’azione, ma sono parte stessa dell’azione, così come in alcuni momenti non sono solo espressione dei sentimenti dei personaggi sulla scena, ma sono i sentimenti stessi. In alcune parti provate a chiudere gli occhi e ad immaginare cosa sta accadendo ascoltando solamente la musica, molto probabilmente riuscirete ad immaginare cosa davvero sta succedendo, ma questo non è dovuto alla prevedibilità della trama, ma dalla grande forza espressiva posseduta dalla colonna sonora composta dalla Kanno.

“Cowboy Bebop” non rientra nella mia personale top 5 dei miei anime preferiti, ma è indubbiamente un’opera dall’importanza fondamentale ed è una tappa obbligatoria per chiunque si definisca un appassionato di animazione.

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